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scrivo per mestiere e per divertimento. il resto lo scoprirete leggendo questo blog

IMU

Non tutti possono essere democristiani.

La comprensione di quello che sta succedendo al Governo e intorno ad esso richiede l’essere democristiano.

Leggo di giornalisti che si affannano ad attribuire meriti di parte a destra o sinistra per la presunta abolizione dell’IMU.

Leggo di tifosi che sbraitano in curva senza conoscere il pregevole valore di un assist perfetto.

Arroganti come i loro eletti giudicano senza sapere osservare.

Essere democristiani prevede la conoscenza delle conseguenze della potenza del battito d’ali di farfalla e la consapevolezza dei tempi oltre la perfetta conoscenza delle regole del gioco.

Non dico che sia un bene essere democristiani e neppure elogio una parte perché loro sono in ambedue gli schieramenti ma constato che la politica è fatta per i democristiani come l’acqua per i pesci, gli altri devono imparare prima a stare a galla e poi a nuotare.

 


Gesti

Ho sempre creduto che sono i piccoli gesti a cambiare il mondo.

Tenere una porta aperta a una anziana con le borse, aiutare un automobilista in difficoltà, sorridere e dire buongiorno a chi incontri in ascensore  anche se non li conosci, ascoltare quando uno ti parla… ho sempre pensato che non fosse solo cortesia ma che in quelle piccole o piccolissime azioni si nascondesse il segreto della vita.

Però vivo in Italia e devo, necessariamente, diffidare di un sorriso, di chi mi fa passare avanti e anche di chi mi chiede aiuto. È questo il motivo per cui l’Italia non ce la farà mai.

Faccio un esempio (di fantasia naturalmente). Devo andare a rinnovare la patente e vado in un’ agenzia, nell’agenzia nazionale più conosciuta, e ti chiedono la cifra necessaria che tu puoi pagare con assegno, e ti fanno fattura, perfetti, senza battere ciglio. Poi ti chiedono

Ha il contante per il medico?

E tu, preso in contro piede, rispondi

Sapevo di poter pagare con assegno

Non si preoccupi glieli diamo noi

Ti chiedono di modificare l’assegno aggiungendo 35 euro per il medico e da un cassetto estraggono i contanti, la fattura resta dell’importo iniziale (escluso il costo del dottore)

Tu guardi e ti insospettisci ma aspetti, magari il medico…

Quando entri devi rispondere a un questionario in cui loro chiedono a te una diagnosi e, sotto la tua responsabilità puoi dire ciò che ti pare.

Potresti dire che non usi le lenti, così per menarglielo, per rispondere alla sua menzogna di fare una visita con una tua bugia, apparentemente innocua e anche per vedere se lui se ne accorge.

Ma lui non se ne accorgerebbe come non si accorgerebbe se tu fossi sordo o mutilato, lui è lì per riempire delle carte prendere i suoi euro in nero e permettere di pagare una gabella allo Stato cieco e sordo e aggiungerei viscido.

Quindi, se dopo essere uscito dalla seduta con il foglio timbrato che mi autorizza a guidare senza lenti e senza cornetto acustico, facessi una strage di bambini appena usciti da scuola di chi sarebbe la colpa? Tutta tua? Del Medico? Dell’Agenzia compiacente? Dello Stato?

Ma anche se fosse tutta tua potresti sempre avere una pena minore, se avessi soldi per un buon avvocato, o potresti tirarla per le lunghe se fosse nel tuo interesse.

Poco importa se stasera Berlusconi potremo chiamarlo ladro o santo ci abbiamo comunque messo venti anni e nel mentre quanti milioni di rinnovi di patenti sono stati fatti, quanti piccoli ladri da 35 euro a botta e quanti potenziali omicidi sulle strade, solo vittime e carnefici dei piccoli gesti di ogni giorno?

E domani sarà uguale, buonasera.


Natura

Ho guardato i “più ricercati” fra i miei articoli, così, quasi per caso, e per un malcelato senso di colpa che mi stava attanagliando nel non riuscire a essere costante nella pubblicazione. Anzi ormai sono da considerare latitante come un vecchio scrittore russo o un più recente faccendiere italiano.

Ho scoperto che le prime due voci riguardano fanciulle esotiche e siliconiche note per bottom e big tits. Ho scritto, credo, non più di dieci pezzi (su 380 pubblicati) su signore e signorine dedite al botulino e due sono i più letti con forte distacco sul terzo, che rimane il mitico “Tortora” sulle tortore che nidificano sul poggiolo di Marisa.

Perciò non mi resta che aggiornarvi sugli uccelli (intesi come pennuti) piuttosto che dilungarmi sulle curvilinee mammifere.

Una nuova tortora, si presume la figlia della capostipite avventuriera, ha deposto le uova e visto la nascita dei piccoli in questi giorni. Dimostrando ancora una volta come la natura faccia il suo corso e doti i suoi animali di un istinto verso la propria tutela.

Come fa con le mammifere di cui sopra che tendono a ritornare dove trovano condizioni favorevoli all’accoppiamento e all’adeguato sostentamento.

 


Pizza

Telefoni in pizzeria perché con questo caldo non hai voglia di prendere la macchina e tornare a casa con il cartone fumante e dopo aver ordinato una pizza e magari due birre ti stravacchi sul divano con la finestra aperta tanto sai già che mangerai nel cartone dell’imballo.

Sei solo a casa stasera e, allora, libertà assoluta.

Se sei un professionista te la sarai già fatta tagliare dal pizzaiolo a spicchi.

Devi però sapere che gli spicchi di pizza mangiati sul divano sono fra le primarie cause di divorzio nel mondo occidentale, ma non per colpa nostra ma per il clan dei pizzaioli che prende certamente il pizzo (non la pizza) dagli avvocati. Infatti, i bastardi (cioè i pizzaioli), mettono più condimento verso il centro, per cui, quando tu sei sdraiato sul divano con una gamba poggiata sul tavolino tra il cartone della pizza aperto e la birra ghiacciata che sta’ sudando la sua freschezza in un anello indelebile sul tavolino di legno laccato (2° causa di divorzio nell’occidente). Mentre sei li, dicevo, in quella posizione di totale relax che solo un uomo, meglio se antico romano,  può comprendere, e stai per addentare la sugosa fetta, il formaggio con il pomodoro colano vittime dell’infame gravità.

Due le possibilità: una atroce e l’altra letale.

Nell’ipotesi atroce il tutto cola sul divano appena rifoderato di tela bianca, in quella letale la lacrima gastronomica cola sul tuo busto con una temperatura che varia fra quella della marmitta della tua moto dopo una tappa della Parigi Dakar e la lava eruttata dal vulcano Mayon nelle Filippine.

L’essere letale in questa seconda ipotesi consiste nel fatto che scatterai in piedi di istinto, come di istinto ti giri a guardare ogni donna con una gonna appena sopra al ginocchio (sono riflessi incondizionati), la gamba destra colpirà il cartone di pizza, ti ustionerai il polpaccio e, per una carambola infernale, urterai la birra che prima inonderà il tavolino inzuppando tutto, compresa la copia di quel libro di tua moglie con la dedica dell’autore che lei tiene come fosse una reliquia e – quel pomeriggio – aveva tirato fuori dalla teca per mostrare a una amica invidiosa, poi, la bottiglietta ruzzolerà sul tappeto etnico appena acquistato per fare pendant con la nuova rivestitura del divano e lì esploderà mischiando schegge minute di vetro verde e schiuma di birra al pelo cardato a mano da quella popolazione così sperduta da rendere i loro manufatti così cari tali da essere considerati “pezzi da museo”, come ti aveva detto il commesso dell’atelier troppo sorridente e abbronzato per essere affidabile.

La seconda ipotesi prevede che direttamente dal Pronto Soccorso tu chiami il tuo avvocato affinché intesti la casa comprensiva di ogni suppellettile a tua moglie, in via preventiva, per cercare di ammansirla.

E mentre ignaro che il tuo potenziale maschile unito a pizza e birra in una sera solo a casa potrà esserti fatale e ridurti sul lastrico aspetti e aspetti e aspetti.

Dopo un’ora chiami imbufalito la pizzeria e ti dicono che il pony che te stava consegnando è stato rapinato ed è al Pronto Soccorso sotto choc.

“O la pizza o la vita, capisce, così gli hanno detto” ti dice, urlando, il pizzaiolo egiziano.

“O cazzo” pensi, “a che punto siamo arrivati.”

Ma non sai che l’autore del furto è stato un marito che qualche sera prima, solo a casa, ha ordinato una pizza e si è stravaccato sul divano con il cartone aperto sul tavolino…”

P.S.  a Genova si sono già verificati diversi casi di rapine ai ragazzi che consegnano le pizze e, questa, è una notizia vera.

 


Splash

Ragazzi, non so cosa sia successo.

Ieri sera ho zappato su canale 5 e ho visto la parte finale della trasmissione “jump, stasera mi tuffo”. Penso e spero che l’impepata di cozze mi sia rimasta pesantuccia e io sia stato preda dei fumi del peyote gastronomico e abbia visto perciò mostri riprodotti dallo schermo sfavillante.

Un groppo alla gola mi ha attanagliato tanto da far andare la mia memoria a trasmissioni del passato quali “Furore” oppure “Macao” e mi sono immagino passeggiare in una galleria semibuia sovrastato dai busti bronzei di Boncompagni, della compagnia del Bagaglino al completo, di Ezio Greggio con Has Fidanken tutti padri fondatori del catodico elevati a Dei se paragonati a questi piccoli mortali , nel senso che inducono il telespettatore a gesti insani.

Non farò nomi per non incorrere in querele ma guardatevi qualcosina su internet. Occhi persi nel vuoto, annacquati non dal cloro della piscina, bocche aperte da eccesso di botox e tette, tante tette a chili.

Presentatore e giuria impreziosivano i loro interventi con commenti alle forme femminili che facevano ben pensare per il futuro della parità dei sessi (tutti e tre) visto anche la presenza dell’onorevole (donna, silente al cospetto degli oltraggi verbali) che ha sdoganato la coppia lesbo. Tutto very politically correct. Vi invito al proposito a sentire qualche commento del presidente della giuria che tanto mi ha fatto rimpiangere le riprese da sotto gonna delle ballerine sui tavoli di “Furore”.

Ma tanto il mio è solo un incubo infatti quando mi sveglio ritrovo la Melandri che festeggia con Marino la sua nomina a sindaco e mi tranquillizzo, il mondo reale esiste e non può essere che la settimana prossima questo fritto misto di ingialliti personaggi televisivi si ripresenti sul trampolino di questa Roma che non so cos’altro dovrà sopportare, click.


Galleggiamento

Oggi ho trovato in internet una foto che mi ha fatto riflettere.

Oggi ho scoperto che esiste una cantante e modella ucraina che si chiama Anna Sedokova, scusate ma non lo sapevo.

La foto è questa.

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Dall’immagine si evince che: dove la modella ha fatto la passerella doveva esserci un gran caldo e, soprattutto, che di lei non fregava un cappero a nessuno, salvo a una obesa in alto a sinistra e a una adolescente a destra.

Il che mi è dispiaciuto, povera Sedokova, che tanto si è impegnata con il chirurgo di fiducia e poco si è coperta grazie al fidato stilista per farsi notare e non per passare inosservata.

E allora mi sorge spontaneo un dubbio, ma per chi certe donne fanno certi inutili e goffi sforzi?

Per innalzare la linea di galleggiamento forse, ma non quella della notorietà dove miseramente affogano, glu glu.

 


Vignetta

Ricevo e volentieri pubblico. Tratta da Il Secolo XIX di oggi.

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Parole

Mi sono distratto, scusate.

Ma è un periodo che la continuità non è il mio forte.

Un anno di blog tutti i giorni mi ha sfibrato.

E, oggi, ho il fiato corto di chi ha appena ricominciato ad allenarsi alla maratona. Sono passati due mesi senza neppure aprire il blog e un po’ me ne vergogno. Eppure di cose da dire ce ne sarebbero.

Ieri riflettevo su una di quelle cose che dire pubblicamente è sempre rischioso. Riflettevo sul senso e il peso delle parole.

Riflettevo, solo soletto, su cosa si può dire oggi e cosa si poteva dire ieri. Riflettevo su come dire delle parole voglia e non voglia dire comunicare.

Oggi ci sono parole che non si possono dire, ci sono parole etiche e parole eretiche.

Oggi, molto di quello che ci dicevamo ieri, è diventato impronunciabile. Io da bambino se sbagliavo un tiro davanti alla porta mi prendevo un crescendo di insulti che comprendevano razza, religione, colore della pelle e inclinazioni sessuali, termini, oggi, banditi da qualunque ambito sociale.

Ieri mi chiedevo, solo soletto, meglio ieri o meglio oggi? Una domanda da non farsi mai perché tutti risponderanno in coro “oggi, oggi è molto meglio, c’è più rispetto”. Ma di cosa? Delle parole in sé o dei contenuti? Del significato o del significante?

Noi dicevamo molte volte e brutalmente a una ragazzina “sei un cesso” o a un tifoso dell’altra sponda “buliccio” (ndr. termine volgare ligure per indicare un omosessuale) o al compagno di banco gridavamo “mongoloide” se sbagliava il tiro in porta, lo dicevamo e finiva lì, non stupravamo, uccidevamo, picchiavamo selvaggiamente, ci insultavamo dandoci degli appellativi irrispettosi e volgari e poi tutti a fare merenda.

Oggi, che la comunicazione sembra essere la primaria azione che l’uomo compie ogni momento della sua giornata, oggi, che ogni nostra parola diventa pubblica, siamo più attenti a non pronunciare le parole vietate, quelle che feriscono e fanno male, quelle che non tengono conto delle regole di comportamento sociale. Oggi no, certe parole non le usiamo ma usiamo invece le mani e non per gesticolare.

Meglio o peggio? A questo riflettevo, solo soletto, senza sapermi dare una risposta che fosse definitiva e allora ho pensato a una parola che usiamo tutti, grandi e piccini, ho pensato alla parola “donna” e poi ho pensato che alcuni di quelli che la usano non la conoscono e ne hanno così tanta paura da volerla distruggere, ho pensato allora a un’altra parola “vigliacchi”. Mi sono alzato e sono uscito consapevole che le parole non hanno alcun significato se non quello di codici convenzionali.

Ho pensato che non sono le parole ma le azioni a fare la differenza.

 


Scirocco

Genova è una città ventosa e quello che c’era ieri non ci sarà domani se non ha solide fondamenta.

Genova è una città dove il vento porta la salsedine del mare a corrodere la pietra, gli stucchi e i ferri senza lasciarne, se non ricordi.

Si vive alla giornata, con la bonaccia in porto o il libeccio che impedisce la pesca.

Poi si beve un bianco al bar con un po’ di focaccia e si guardano i “foresti” passeggiare

“Te lo ricordi il Beppe?”

“Chi quello che abitava su in collina?

“Si lui”

“E che fine ha fatto?”

“È uscito in mare con lo scirocco, non l’han più trovato”

“Non sapeva mica navigare il nostro mare”

“e si, peccato”

“Peccato, Salute”

“Salute”

 


Mha?

Ieri sera ero molto triste.

La mia tristezza risiede nel fatto che sono vecchio e mi sento ogni giorno più resistente al cambiamento.

Sono figlio della cultura politica, l’ho studiata e praticata. Ho trascorso notti e fine settimana a lavorare in un partito, quando ero giovane. Ho fatto riunioni fiume nelle quali non si concludeva nulla, ho partecipato al tesseramento e alle riunioni di circoscrizione, ho visto gente “dal basso” che sottraeva tempo alla famiglia per fare volantinaggio o si metteva a disposizione per dare una mano, io ci ho creduto ma erano gli anni ottanta, ora non ci credo più.

So esattamente cosa provano gli aderenti al movimento 5 stelle, conosco la candidite e la sensazione di poter cambiare il mondo, conosco la gioia profonda mista a stanchezza vertebrale che significa una campagna elettorale vinta.

Adesso inizia il difficile, non solo per loro ma soprattutto per noi. Non mi sento di confidare nel bene, non mi sento di pensare al peggio. sono stanco di vedere le solite scene con la corte di giornalisti che gridano all’ingovernabilità e allo stallo. I giornalisti sono molto ignoranti in dottrine politiche. Sono una massa di ignorantoni leccaculo, uno per l’altro a destra e a sinistra.

Intorno assordanti silenzi e accuse  servili si affannano mezze figure senza slancio. La politica è bellissima, è una vocazione nobile, quasi una missione fatta per uomini veri capaci di affondare le mani nel fango per tirare fuori la moneta d’oro che giace sul fondo, la politica non è un gioco e neppure un video gioco.

È per questo che sono triste e anche troppo vecchio per sopportare questo baraccone. Una risata ci seppellirà, cazzo.