Prendo spunto dal pezzo di Guido Vitiello per Il corriere della sera per parlare di due cose, saper scrivere e saper leggere.
Io non ho letto il nuovo Sorrentino ho letto il precedente.
Ho letto invece Montale, parecchio.
Dopo il pezzo di Vitello ho pensato al mio libro dall’editor e ho pensato perché mi sono messo in questo casino dello scrivere, perché soffrirne. Se mai dovesse essere pubblicato riceverà critiche (non da Vitiello che ha altro da leggere) che sicuramente lo stroncheranno e non è facile sopportare una stroncatura di un tuo figlio.
Ci sono pareri personali e personali gusti, ciò che per uno è bello per un altro è brutto ma, chi legge, dovrebbe concordare su categorie generali. Il modo di scrivere di Sorrentino non è un capolavoro neppure per me e per gli stessi motivi che sottolinea il critico, la non capacità di rendere in toto un protagonista sovrastata dall’avventurarsi in, riusciti o meno, virtuosismi talvolta eccessivi, ma c’è a chi piace e legittimamente.
Chi scrive come Sorrentino scrive del male dell’oggi, chi scrive come Montale vede nel male di oggi i germi del male di domani e li anticipa alla nostra lettura facendoli diventare universali, e atemporali.
Sozzura o zabaione? Non lo può scrivere nessuno fra i contemporanei, forse Busi, talvolta, quando non si distrae con una comparsita o con una comparsata.
E allora perché continuare a scrivere? Naturalmente per vanità (ne abbiamo già parlato, mi pare) e per danaro (lo trovo più nobile come movente) o, infine, come fa Saviano, fra gli altri, perché si è convinti di avere qualcosa da dire.
Saper scrivere oggi equivale a un parametro estetico più ampio che si confonde e si annacqua con il saper raccontare, il far riflettere, il saper far piangere e ridere. Saper scrivere per me è altro, è far sentire il profumo di una rosa o il riuscire a far vedere il portamento di un protagonista ma è anche dire oggi quello che varrà per sempre, è svelare l’animo umano e raccontarlo attraverso lettere nere su carta bianca, non è una cazzata, per dirla con eleganza.
Oggi invece saper scrivere è anche un po’ saperne parlare nei posti giusti, correttamente ottenuti da agenti con il senso del denaro, risultare come autori piuttosto simpatici, o ragionevolmente credibili o “oggettivamente” preparati. Mentre, sempre per me, l’autore dovrebbe scomparire di fronte al personaggio ed essere soltanto uno strumento per dar voce alle esigenze di un’altro che vive sulla carta, quasi lo scrittore fosse un medium in trans. Lo scrittore non dovrebbe avere alcun risalto se non quello di scandire chiaramente le parole dell’altro.
Saper leggere, invece, comprende la categoria più ampia del saper vivere che comporta avere esperienze, scambiare opinioni, conoscere gente e luoghi, approfondire interessi e non stare davanti alla tv a guardare uno scrittore che parla simpaticamente del suo libro. Altrimenti Tony Pagoda ci sembrerà un gigante e Sorrentino un grande scrittore, mentre ambedue valgono il costo di copertina e il tempo per leggerli ma non sono ne sozzura ne zabaione.
Infine temo che il mio libretto non valga neppure quello e ho il groppo alla gola nel pensarlo in giro ad essere letto per essere valutato. Non si tratta infatti di letteratura e se il Pagoda lo trovasse per caso, nel suo camerino prima di un concerto, probabilmente ne strapperebbe la copertina per farsi una pipa per aspirare l’ennesima pista di coca.