Ogni mattina per scendere al lavoro prendo un piccolo bus pubblico che in pochi minuti mi porta dalla collina all’altezza del mare. La strada è stretta e con diversi tornanti e non è un percorso agevole per chi guida e scomodo per i trasportati, specialmente se in piedi.
Ogni mattina un paio di fermate sotto la mia sale una vecchietta che mi irrita come l’ortica sotto le ascelle, come una medusa nel costume, come una zanzara nell’orecchio.
Avrà 80 anni e peserà 35 chili. Arriva da uno di quei villoni con il prato all’inglese e la piscina. Sale si abbarbica al palo della obliteratrice, si toglie il guanto, di cachemire abbinato al berrettino, apre la borsetta estrae il biglietto del bus e prova a timbrare, sballottata, instabile prossima al femore sbriciolato, ci impiega tutto il percorso fino alla fermata antecedente il capolinea.
Se qualcuno prova ad aiutarla si scansa e comincia a verificare l’operato “Ha timbrato il biglietto giusto? È sicuro? Io non vedo il timbro…”
La piccola lucertola impellicciata, ogni giorno di un animale selvaggio diverso, rimane come una bandiera attaccata al palo e sventola maldestra.
Io questa vecchietta la detesto perché esprime stupidità, la detesto perché amministra male tempo e denaro. Mi sembrerebbe normale comprare un abbonamento e non rischiare la traumatologia, mi sembrerebbe normale comprare un berrettino in meno e destinare quei soldi ad una tessera.
Poi penso che ogni mattina perdo qualche minuto della mia vita a innervosirmi sprecando così inutilmente tempo prezioso, bene raro perché sarà tempo che non potrò più vivere e mi rendo conto che il vero cretino sono io.
Comunque se la vecchia si frantuma ve lo dico.