Non ci restano i soliti 366 giorni di un anno bisesto quindi è persino inutile fare auguri di buon anno. Non si possono fare gli auguri per il prossimo quasi anno che ci resta.
Sarà facile comportarsi normalmente sapendo che potrebbe non esserci un futuro? Presteremo la stessa attenzione al danaro? Presteremo la stessa attenzione alla gente? Oppure vivremo in attesa del condono finale e quindi ci concederemo deviazioni dalla “normalità”?
Un po’ di timore che noi italiani giocheremo sul filo del rasoio io ce l’ho. Noi viviamo fra una moratoria e una dilazione, fra una rateizzazione e una deroga, come sempre in equilibrio tra tragedia e commedia e con quel senso tutto nostro del perdono che crediamo di meritarci perché in fin dei conti siamo brava gente.
Non ho grosse paure perché sono inutili complicazioni però un piccolo brivido mi corre lungo la schiena e non sta nella scadenza del 21 dicembre prossimo ma in quello che potremo farci (l’un l’altro) prima di arrivare a quella data.
Io ho già scelto e cerco di mantenere ogni giorno un approccio semplificato con la mia vita. Una sorta di deregulation che non sono mai stato capace di applicare.
Ieri sera chitarra e canzoni di De Andrè, stamattina corsa nel parco con il cane, una buona fine e un buon inizio senza altre storie.
Domani si torna.
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